quest’anno vivremo una Pasqua un po’ particolare, perché non ci è data la possibilità di celebrare né la domenica delle Palme e neppure i riti della Settimana Santa. Non avremo, di conseguenza, l’ulivo benedetto, non faremo la lavanda dei piedi, non celebreremo la Via Crucis, non potremo dare il bacio al crocifisso e neppure potremo cantare insieme l'Alleluia pasquale. Vivremo, o così ci sembrerà di vivere, una Pasqua monca, una ... non festa!
Ci sembrerà, perché, in realtà, sarà comunque Pasqua, una Pasqua vera, come quella degli altri anni, se lasceremo che Cristo risorga in noi! A che cosa servirebbe, infatti, celebrare i riti pasquali, se il nostro cuore fosse chiuso alla sua grazia? Se il nostro cuore non risorgesse con Lui?
Ma quando il nostro cuore risorge con Lui?
Quando, in primo luogo, sa guardare a Gesù con gli stessi occhi del buon ladrone o del centurione e sa riconoscere in lui l'unico cui affidarsi e in cui riporre la sua speranza. L'emergenza che stiamo vivendo ci sta insegnando quanto grande è la nostra fragilità, il nostro limite, la nostra precarietà. La presunzione porta a crederci di essere autosufficienti, il progresso a ritenerci capaci di risolvere tutti i problemi, le sicurezze che ci danno il conto in banca o le varie polizze assicurative a non temere nulla. Sennonché, in un momento, ci si può ritrovare nella stanza di un ospedale a lottare contro la morte da soli, senza alcun conforto. E tutto questo per un piccolo e invisibile virus!
Dobbiamo grandissima riconoscenza ai medici, agli infermieri, ai volontari, alle autorità e ai membri della Protezione civile, alle forze dell’ordine e a quanti lavorano per il nostro bene, che si prodigano con instancabile dedizione alla cura dei tantissimi ammalati.
«Se il Signore non costruisce la città, invano vi faticano i costruttori», dice, però, il salmo 127. In altre parole: l’impegno umano è indispensabile e tuttavia insufficiente, perché solo il Signore può liberarci veramente dal male.
Riscoprire il nostro rapporto con il Signore, il nostro bisogno di lui e ritrovare in lui la sorgente della speranza: ecco il primo modo per far risorgere il cuore! Nei giorni del Triduo pasquale troviamo qualche momento per soffermarci davanti al crocifisso: esso ci parla di un amore infinito e con le sue braccia aperte dice la sua volontà di accoglierci e di farci sperimentare il suo amore.
Il cuore risorge, in secondo luogo, quando si apre ai bisogni degli altri. Non dovremmo mai dimenticare le parole di Gesù: «Qualunque cosa avete fatto a uno di questi miei fratelli più piccoli, l'avete fatto a me» (Mt 25,40). “Piccoli” lo siamo tutti, quando abbiamo bisogno di un piacere, di una parola di incoraggiamento o di speranza, di un sorriso o anche di perdono. Non chiudere il cuore a chi è nel bisogno, saper donare un sorriso, sapersi riconciliare con chi ci ha offeso, offrendo il nostro perdono: questo significa risorgere!
Il cuore risorge, in terzo luogo, quando è capace di riscoprire e di gustare le gioie che la vita quotidianamente ci dona. Riscoprire, di conseguenza, la bellezza del cielo, l’immensità delle stelle, lo sbocciare della natura, la purezza dell’acqua, il canto degli uccelli e il loro svolazzare libero; e ancora: il sorriso dei propri figli, l’abbraccio della moglie o del marito, il saluto del vicino di casa, la ritrovata intesa con il collega o con il capo, la soddisfazione di aver fatto il proprio dovere. Nulla di tutto questo ci è dovuto, tutto è invece un dono!
Infine, il cuore risorge quando coltiva la fede nella risurrezione. Anche nella nostra Comunità il virus ha colpito diverse persone, provocando sofferenza e dolore nei familiari, soprattutto per non averli potuti accompagnare negli ultimi momenti della loro vita. La Pasqua ci dice che non abbiamo perso i nostri cari e che ci ritroveremo, perché Gesù ci vuole partecipi della sua risurrezione. Essi sono con il Signore, sono nella casa che tutti ci aspetta. E’ questa certezza, che la fede ci dona, che può lenire il nostro dolore e dare consolazione al nostro cuore.
Pasqua è questo risorgere! Pasqua è aprirci ai doni che il Signore nella sua benevolenza non ci lascia mai mancare, nell'attesa di gustare quei beni eterni che ci verranno donati quando, in paradiso, vivremo eternamente uniti a Lui insieme a tutti coloro che il coronavirus ci ha privato
Sia, allora per tutti: Buona Pasqua!
Don Giuseppe